martedì 11 marzo 2014

I see a horrible life. My life.


Capital City - 2512
Quando riprendi conoscenza, dopo aver sostenuto un'operazione chirurgica, devi fare i conti con l'anestesia.
Io non ho subito nessuna operazione, ma dovetti comunque farci i conti.
Se tali sostanze non fossero ideate per mantenere calmi i pazienti, al loro risveglio, impazzirebbero. 
Perchè non riprendi subito conoscenza. 
Non ci si risveglia come da un sonno profondo. 
Si ha un'acquisizione progressiva dei sensi.
Sembra di essere morti, ma coscenti, in balia degli altri, incapaci di reagire.
Quasi un esperienza di morte.

Il primo è l'udito. Si può solo sentire senza riuscire a muoversi, le palpebre sono incollate fra loro e per quanta forza si possa usare nel cercare di aprirle, risulta impossibile farlo. Come per le labbra.

È terrificante.

Come prima cosa sentii il brusio delle voci, ovattate ed in lontananza.
Lo scatto di una serratura.
Il suono dei passi, scanditi dal ticchettio prodotto dai tacchi.
Il rumore prodotto dal tessuto in movimento.
Una sedia spostata.

Seguì l'olfatto. Un profumo. Di certo femminile, delicato e credo esotico. Uno di quei profumi scelti dalle donne di un certo rango sociale, che hanno appreso fin da piccole a non esagerare nel metterlo, puntando sulla qualità piuttosto che sulla quantità.

Successivamente il tatto. La maglia, o qualsiasi cosa avessi addosso venne alzata e sentii distintamente lo stetoscopio gelido contro la pelle, mentre la dottoressa auscultava il suono dei miei polmoni. Lo spostava, dopo un paio di respiri, controllava sia le parti superiori che quelle inferiori dei polmoni. Si soffermò per più tempo all'altezza del cuore, ed inconsciamento appresi come stesse controllado il battito cardiaco nel tentativo di constatare se fossi coscente o meno grazie al ritmo.

- Buongiorno, Mr Russell. Sono la Dottoressa Blackwood. So che è cosciente anche se non è in grado di rispondermi, ma non ha nulla da temere, presto smaltirà completmanete l'anestesia.

Aveva una voce tranquilla, quasi un balsamo, in grado di calmare ogni spirito agitato. Il tono era pacato, giusto, conforme al compito che stava svolgendo in quel momento: accompagnare un paziente verso il risveglio.

- Ha avuto un esaurimento nervoso Mr Russell, e sono qui per esaminarla riguardo la sua salute.

Disse ricoprendomi. Qualcosa mi fece sorridere interiormente, nel constatare come la gentilezza della dotteressa fosse tale da non specificare quale tipo di salute. Ma evidentemente non era solo un sorriso interiore quello che sentivo.

- Sta sorridendo, bene. Sta smaltendo le droghe assunte. Immagino non ricordi quello che è accaduto durante gli esami medici di routine al rientro dal fronte. Lei ha urlato, insultato, distrutto alcuni beni ed aggredito del personale della struttura. Ha creato qualche problema ma nessuno è rimasto ferito... gravemente.

Ero confuso e non capi subito quello che stava riferendomi. Riuscii solo dopo parecchi tentativi ad aprire gli occhi, ma di poco, riuscendo a vedere solo uno scorcio di realtà. Incontrai gli occhi chiari ed imperscrutabili della donna, mi concentrai su questi mentre dalla profondità della mia memoria riaffioravano i ricordi. Mi aggrappai ad essi. Neanche fosse l'angelo in grado di impedirmi di affondare nell'inferno. 

Devo aver cambiato espressione o fatto qualcosa perchè il suo sguardo, dapprima fermo e professionale ebbe un fremito. Vidi avvicinare quegli occhi premurosi, e sentii il tessuto morbido di un fazzoletto tamponarmi gli occhi. 
Degluittii a fatica e mi accorsi di avere la gola stretta dal groppo, il respiro smorzato e le lacrime agli occhi.
Riuscii a voltare il capo dalla parte opposta e strinsi gli occhi con forza come un bambino mentre con il risveglio ed il recupero dei sensi, anche il tormento interiore riprendeva piede.

- Risolveremo tutto Mr Russell. 

La stretta gentile della sua mano sulla spalla.

- Risolveremo tutto George, te lo prometto.

Volevo crederci. 
Lo volevo davvero, come volevo ritornare ai giorni in cui non ero coscente di come fosse realmente vivere. Volevo ritornare ai giorni in cui non sentivo costantemente un peso nel petto, in cuoi riuscivo a respirare liberamente. Volevo ritornare ignorante, stupido. Volevo vivere come uno di quegli ignoranti agricoltori del rim, troppo impegnati per pensare alla depressione.
Volevo morire, ma volevo allo stesso tempo vivere.
Velevo l'ignoranza per poter essere felice.
Non sapevo ancora che quello sarebbe stato il primo giorno di un lungo viaggio.

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