venerdì 18 aprile 2014

I see a reason to live, because I took an oath.

Capital City - 2512

Quando ci ritroviamo in situazioni di rischio agiamo d'istinto, cedendo il possesso del nostro corpo ad una parte di noi sconosciuta. Lo cediamo ad una parte animale che prende decisioni al nostro posto, che sa se e quando combattere o scappare. Solo quando la situazione di pericolo termina, ritorniamo a noi stessi in stato confusionale. Può accadere durante un'aggressione, o trovando la persona amata a letto con qualcun'altro e scattare verso di loro aggredendoli, o peggio... Ritorniamo in noi quando quella parte animale che ha preso il sopravvento sa di aver terminato il proprio lavoro, ci ritroviamo incapaci di comprendere cosa sia accaduto realmente ed il perchè delle nostre azioni. Riusciamo solo ad accampare delle scuse, non sapendo il perchè della propria reazione. L'unica cosa che sappiamo fare è accampare scuse e dire: "è accaduto tutto troppo velocemente."

Quello che accadde in clinica non avvenne rapidamente. Ricordo ogni singolo secondo, ogni parola, ogni battuta sarcastica, ogni spinta ed ogni pugno.
Christopher O'Malley, ex Leutenant della Omega Force Unionista. Centoquindici chilogrammi per un metro e novantanove centimetri. Carnagione chiara, occhi azzurri, pizzetto e capelli arancioni. Ha ricevuto encomi e medaglie per aver portato a termine numerose missioni durante la guerra. Si diceva fosse il migliore e si vociferava che non esistesse nemico che lui non fosse in grado battere. Ma una volta ritornato a casa dovette fare i conti con un nemico diverso e si rese ben presto conto essere il più difficile da sconfiggere. Se stesso. 
Durante un litigio quasi strangolò sua moglie in una attacco d'ira causato da quello che in gergo medico viene chiamato PTS: Post-Traumatic Stress. Venne arrestato ma non venne accusato riuscendo ad evitare la prigionia grazie alla sua precedente condotta esemplare. 
Venne spedito qui in clinica, ma un militare non sa comportarsi con diplomazia, quantomeno non gli assaltatori come O'Malley. Il profondo senso di supremazia dominava l'ex tenente, il quale nei giorni buoni cercava di instaurare legami con comportamenti tipici del cameratismo, mentre nei giorni meno buoni cercava un obiettivo da deridere e schernire fino a provocare in questi una reazione fisica che avrebbe portato ad uno scontro in piena regola.
Capisco il perchè di tale atteggiamento a livello clinico. Non lo accetto a livello umano.
Arrivò il mio momento. 
O'Malley iniziò lentamente, con qualche battuta sul tipo di diagnosi assegnatami. Proseguì attaccando il mio passato, puntando sul fatto che non tutti fossero adatti per vivere sul campo di battaglia. Passò molto rapidamente allo schernirmi puntando sull'aspetto sessuale per poi aggiungere insulti sull'aspetto fisico. Benchè capissi la motivazione alla base delle sue azioni, decidi di non reagire. Inoltre vuoi per i farmaci, vuoi per le notti insonni, vuoi per i troppi pensieri che mi affollano costantemente la mente, che mi tormentano e che consumano la maggiorparte delle ore della mia giornata, non avevo ne la forza ne il desiderio di affrontarlo.

Ma arrivò comunque al contatto fisico. Per avere una reazione da parte mia, mi colpì un orecchio. Scattò qualcosa. Qualcosa di differente dall'istinto animale che porta l'animale a combattere o fuggire. 
Mi alzai.
Lo fronteggiai.
Ma restai immobile.
Questo diede il via al pestaggio, anche solo l'essermi alzato venne preso come affronto e di conseguenza un giusto pretesto.
Venni picchiato più volte alla testa, zigomi, labbra, fronte. O'Malley aveva una particolare predilizione per il mio viso, passò successivamente all'addome costringendomi a terra per poi ritrovarmelo addosso ed attaccare nuovamente. E ad ogni pugno che tirava, ogni ringhio o sputo lanciato, continuava a chiedermi di affrontarlo, di reagire aumentando la rabbia che lo dominava.

Per tutto il tempo del pestaggio non mi resi effettivamente conto di quello che stava accadendo nella stanza. Alcuni pazienti gridarono, altri si ritrassero raggomitolati negli angoli a piagnucolare, e presto scattò l'allarme ed accorsero gli inservienti della clinica. Ce ne vollero tre per bloccare O'Malley ed uno per iniettargli il sedativo.
Restai a terra ad osservare solo una parte del pavimento, prima di sentire le dita sottili ed il tocco freddo delle mani della dottoressa sul viso, intenta a voltarmi il capo per esaminare il mio stato ignorando le mie mani che si muovevano nel vano e debole tentativo di allontanarla.

- I'm... I'm fine...

- George? Stai fermo potresti avere un trauma cranico.

La voce era ferma asettica ed imperentoria, fredda come l'acciaio di un bisturi affilato. Mi concentrai sull'espressione del suo volto, ferma e rigida con occhi fissi ed appena sottili verso i mei, mentre controllava i riflessi pupillari con l'ausilio di una torcia.

- Avresti potuto quantomeno difenderti, George.

Sibilò con apparente nervosismo.

- No, non potevo.

Le mani della dottoressa smisero di controllare lo stato delle tumefazione ed uno sguardo serio ed interrogativo apparve sul suo volto mentre le vidi irrigidire la mascella. Il quel momento credetti pensasse ad un mio tentativo di suicidio.

-Why not?

- I swear by Apollo, the healer, Asclepiu, Hygieia, and Panacea, and I take to witness all the gods, all the goddesses, to keep according to my ability and my judgment, the following Oath and agreement:

Iniziai fissando lo sguardo nei suoi occhi con la stessa identica determinazione nello sguardo utilizzato dalla dottoressa.

- To consider dear to me, as my parents, him who taught me this art; to live in common with him and, if necessary, to share my goods with him; To look upon his children as my own brothers, to teach them this art; and that by my teaching, I will impart a knowledge of this art to my own sons, and to my teacher's sons, and to disciples bound by an indenture and oath according to the medical laws, and no others.

Un inserviente si avvicinò alla dottoressa chinata vicino a me chiedendo cosa stessi blaterando, se fossi completamente ammattito, per poi fermarsi quando Lelaine alzò il palmo della mano con fare imperentorio interrompendo quelle domande ora inutili e fastidiose.

I will prescribe regimens for the good of my patients according to my ability and my judgment and never do harm to anyone. 

Quando marcai con forza quelle ultime parole, la dottoressa Blackwood cominciò ad osservarmi con occhi diversi e mentre continuai a pronunciare quelle parole, parole che ogni medico conosce a memoria da dopo la laurea, la stessa Lelaine seguì il mio esempio, cominciando a pronunciarle insieme a me.

- I will give no deadly medicine to any one if asked, nor suggest any such counsel; and similarly I will not give a woman a pessary to cause an abortion. But I will preserve the purity of my life and my arts. In every house where I come I will enter only for the good of my patients, keeping myself far from all intentional ill-doing and all seduction and especially from the pleasures of love with women or men, be they free or slaves. All that may come to my knowledge in the exercise of my profession or in daily commerce with men, which ought not to be spread abroad, I will keep secret and will never reveal. 

Non servirono altre parole per spiegare all'inserviente cosa stessi pronunciando, quando si rese conto infatti, lo sguardo divenne serio, concentrato sul mio, determinato e sulle parole che continuavano ad uscire dalle mie labbra.

- If I keep this oath faithfully, may I enjoy my life and practice my art, respected by all humanity and in all times; but if I swerve from it or violate it, may the reverse be my life. 
I could not defend myself, I could not attack him, because I'm a doctor!

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