Capital City - 2513
Ho compreso come, indipendentemente da tutto, si riesca a dare il giusto
valore a qualcosa solo dopo averla persa.
Come l'odore dell'aria pulita o il
vento sulla pelle, i suoni ed i rumori della vita comune di tutti i
giorni.
Il cielo più azzurro di quanto non lo sia dietro il vetro spesso
della finestra nella mia stanza alla clinica, il profumo dei fiori nelle
aiuole coltivate, la risata dei bambini mentre si rincorrono per i
vicoli.
Non credevo potessero mancarmi queste cose, non gli avevo mai
prestato più di tanta attenzione. Erano minuzie, erano particolari
irrilevanti, una sotto trama di una vita con un filone narrativo già definito e da
seguire.
Rendersi conto di questa parte della realtà è stato destabilizzante.
- Dottor Russell?
- ...
- Dottor Russell preferisce rientrare?
- no.
- Bene.
- Mi ha chiamato Dottore.
- Non lo è forse?
- Nessuno mi ha chiamato Dottore da quando sono entrato in clinica.
- Ora siamo fuori dalla clinica.
Credetti che mi stesse prendendo in giro. Eppure quando l'osservai bene, non vidi altro che la semplicità sul suo volto, come se avesse detto una cosa vera, coerente senza artificiosità, senza doppi sensi.
- State esaminando il mio caso?
- Pura curiosità Dottor Russell.
- E non lo ritenete offensivo?
- Siete un medico. Se vi trovaste davanti la possibilità di esaminare un soggetto per comprendere la malattia che lo affligge allo scopo di ricercare una cura per possibili pazienti futuri, cosa fareste?
- Esaminerei il Soggetto.
- Appunto.
Ancora una volta la semplice schiettezza, la raffigurazione della realtà rappresentata dalle sue parole era qualcosa di indiscutile, reale... non un pensiero ma una certezza, un fattore concreto, come nell'arte medica, o nella matematica dove persino le varianti vengono risolte, o utilizzate per ottenere risultati certi.
- Allora l'aiuterò a risolvere questo caso clinico Dottor Stone.
- Ottimo, la ringrazio. Dove partirebbe ad esaminare il soggetto?
- Dalla diagnosi preliminare.
- E successivamente?
- Successivamente verificherei in prima persona la certezza di tale diagnosi.
- Quindi abbiamo il PTS, la sindrome del sopravvissuto e l'acluofobia.
- Esatto.
- Lei ha paura del buio Dottor Russell?
Fu strano. Il botta e risposta avvenuto fino a quel momento, fu quasi istintivo. Mentre osservavo il giardino fuori dalla clinica, preso a rimirare i colori accesi dei fiori, aveo ragionato e risposto in maniera istintiva senza pensarci concretamente, fino a quella domanda. Riportai lo sguardo sull'uomo osservandolo nel suo completo marrone. Non riuscivo a capire. Per la prima volta non riuscivo a comprendere a pieno il suo intento.
- Quindi? Avete o non avete paura del buio Dottor Russell?
- Io... no, non credo di avere paura del buio.
- Siete disposto a provarlo? perchè come sa, solo con gli esperimenti si ottengono dei risultati che possono avvalorare o confutare tale diagnosi.
- Io... non ho paura del buio stesso ma... di quello che mi porta a pensare... di quello che mi porta ricordare.
- Capisco. Quindi una situazione di completa oscurità la porta alla mente i ricordi orribili della guerra e pensieri ancora più paurosi. Cosa teme di quei pensieri?
- La perdita di controllo.
- Vuole spiegarmi meglio?
- Temo mi possano portate ad agire in maniera sconsiderata, senza pensare... temo possano portarmi a fare cose di cui possa pentirmi in un futuro.
- Eppure lei pensa eccessivamente.
- Come?
- Lei. Lei è uno che pensa troppo Dottor Russell. Capisco che il suo desiderio sia quello di fare sempre la cosa più giusta nel migliore dei modi, senza errare per ottenere sempre il miglior risultato possibile, e per questo a bisogno di pensare, analizzare ogni scenario, ogni possibilità ed ogni variabile, ma lei è anche un chirurgo. Quando deve operare deve prendere delle decisioni e non si può permettere di perdere tempo prima di c...
- Io sono un ottimo Chirurgo!
- Allora comprenderà che quello che le sto dicendo è vero. Lei dice di aver paura di cedere all'istinto così radicalmetne da perdere la ragione, eppure è il primo che ammette, che sa e che compie azioni avventate durante le operazioni chirurgiche.
- Ma per quello sono preparato, ho studiato qualsiasi soluzione medica possibile allo scopo di salvare vite.
- Allora salvi la sua vita.
Per la terza volta rimasi di sasso. L'indecifrabilità di quell'uomo era tale da lasciarmi incapace di analizzare la situazione. Ogni variabile era invisibile, ogni intento celato dalla realtà dei fatti, delle sue parole. L'evoluzione del discorso preso era stato creato in modo tale da portarmi in una fase di stallo, come una persona davanti allo specchio per constatare di essere lui stesso il riflesso. Dovevo essere messo in mostra, dovevo mostrarmi a me stesso per quello che sono, comprendere la realtà dei fatti, destrutturarla, identificare il problema per poi trovare la soluzione più adatta al problema.
- Dopo tutto è quello che mi ha detto di voler fare poco fa non è vero? Aiutarmi con questo caso clinico, trovare una soluzione, una cura alla malattia. E sappiamo per certo che lei è l'unico fra i due a poter agire sul paziente per curarlo. Esamini il problema che l'affligge ed impari da esso perchè non esiste nessun volume da leggere nel quale potrà trovare ed apprendere i modi utili per "vivere".
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